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imbrogli...» Le domande erano così tante che Fleming non riuscì a far vedere tutte le diapositive. Si preparava a mostrare la foto di Georgette Hughes, quando un'occhiata all'orologio lo fece desistere. «L'artista successiva è un'imbrogliona abilissima nel cambiare il proprio aspetto, ma meriterebbe almeno dieci minuti di descrizione dei suoi meto- di, e il mio tempo purtroppo è scaduto.» Dal pubblico a quel punto si levarono esclamazioni di disappunto. Nora si alzò. «Sono sicura di esprimere il parere di tutti affermando che ci piacerebbe continuare ad ascoltare Kyle. Spero che l'anno prossimo sarà ancora con noi per riferirci i nuovi risultati delle sue indagini.» Scoppiò un applauso entusiastico mentre lei andava a stringere la mano all'oratore. «È libero stasera? Ho invitato alcuni dei presenti alla festa organizzata dal Settlers' Club per il centenario. Poi andremo a cena sul tardi», gli disse. «Grazie, Nora», rispose l'agente. «Cercherò di fare un salto, ma ho già dei programmi per la serata.» 67 Regan ebbe un attimo di esitazione quando passò davanti al Paisley. Le sarebbe piaciuto entrare a salutare la madre e le persone che conosceva. Aveva avuto la possibilità di vedere i suoi solo al cocktail d'inaugurazione, e le sembrava che da allora fossero trascorse settimane. Meglio non perdere tempo, si disse poi. Devo proprio tornare. Fermò un taxi e quindici minuti dopo era al club. «Signorina Reilly», la salutò il portiere. «Clara la sta cercando.» Il suo cuore perse un colpo. «Dov'è?» «Nel salottino.» Regan si precipitò su per le scale. Clara era davanti al camino, intenta a lucidare gli attizzatoi e la paletta che non venivano mai usati. Da quando alcuni ospiti erano stati affumicati per via della canna fumaria difettosa, accendere il fuoco era rigorosamente proibito. Nel vederla, la donna lasciò cadere la paletta che cadde al suolo con un frastuono udibile sin dall'altra parte del parco. «Regan!» esclamò, chinan- dosi a raccoglierla. «Sta bene?» «Devo parlarle in privato», sussurrò lei. Salirono nell'appartamento di Nat senza incontrare nessuno. Chiudendo la porta dietro di sé, la donna si avviò verso la cucina. «Guardi che cosa ho trovato!» gridò. Estrasse una salvietta bagnata da un sacchetto nero dei rifiuti. «Gli a- sciugamani di Wendy!» ruggì mentre lasciava cadere il telo di spugna nel lavandino e ne tirava fuori un altro. «Che peccato. Puzzano di umidità.» «Dove li ha trovati?» «Nel cassonetto.» «Non aveva detto che il cassonetto veniva svuotato il venerdì?» «È così! Chiunque abbia lasciato questi, deve averlo fatto dopo che il camion della nettezza urbana è passato ieri.» «Dunque dev'essere successo ieri notte o stamattina sul presto.» «Uh-uh», assentì Clara. «Mi dispiace, ora sono rovinati e qualche peco- rella della decorazione si è staccata. Questo sacchetto dev'essere di Nat. Giovedì gli ho detto che doveva comperarne altri, perché ne era rimasto uno solo.» Aprì l'armadietto e, con aria trionfante, ne tolse una scatola di cartone su cui campeggiava il disegno di un sacco nero. «Finiti!» Regan era incredula. «Davvero ha frugato nel cassonetto, Clara?» La donna assunse un'espressione colpevole. «Oggi ero così agitata che ogni tanto mi prendevo una pausa e uscivo dalla porta di servizio per fu- marmi una sigaretta. L'avrò fatto una decina di volte! Comunque, a un cer- to punto è arrivato un cameriere a gettare la spazzatura e, quando ha aperto il cassonetto, ho visto qualcosa color pesca spuntare da uno squarcio in un sacchetto.» «E ha deciso di controllare.» «Mi aveva detto di essere discreta, così ho aspettato che lui rientrasse. Poi ho capito che si trattava proprio degli asciugamani di Wendy, sono corsa a prendere un altro sacchetto in lavanderia, ci ho rovesciato dentro tutto il resto e li ho portati di sopra.» «Clara», disse Regan, «lei è piena di risorse.» «Grazie. Ma...» «Sì?» «Sono un po' spaventata.» In silenzio, rimasero a fissare quegli asciugamani umidi, tanto amati da Wendy, e che molto probabilmente erano stati usati per coprire le tracce dell'omicidio di suo marito. 68 Daphne non sapeva come riferire a Jacques che Thomas non era disposto a cedergli le pecore. Sii una brava attrice, si esortò. Quello che conta è l'in- terpretazione. Con passo disinvolto raggiunse la sedia del regista, che se ne stava lì, il bocchino vuoto stretto tra i denti e l'immancabile berretto nero ficcato in testa. «Allora?» Lei rise come se non avesse un solo pensiero al mondo. «Be', non ci cre- derai, ma pare che le pecore abbiano un significato molto, molto profondo per il club, Jacques.» «Come sarebbe a dire 'profondo'?» «Sembra che costituiscano una parte importante della storia del circolo, e loro non sono interessati a venderle.» Jacques si tolse il bocchino dalle labbra e la guardò. «Vuoi recitare nei miei film? Come protagonista?» «Sicuro. È un privilegio lavorare con te.» «Quelle pecore sono magiche.» Indicò Dolly e Bah-Bah. «Non so che cosa abbiano, ma c'è una speciale energia... e io le voglio! Le voglio, le
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