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Podobne

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tre accorse nuotando e lo inghiott�; poi, scosse il becco
goccioloso.
Egli pens�, come se sognasse: �Sono giovane!�
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Letteratura italiana Einaudi
Federigo Tozzi - Il podere
XVIII
Ormai, Berto era deciso e gli pareva di doventare un
altro; proprio quello che s era tante volte immaginato:
sentiva che andava in contro a un pericolo ed era con-
tento di avvicinarcisi sempre pi�. S era fatto tetro; e cer-
te sue risate, quando non c era nessuna ragione di ride-
re, non piacevano agli altri. Anzi, Picci�lo, lo sbirciava
male. Quando parlava, diceva sempre qualche cosa che
non aveva troppa relazione con il discorso, come se non
volesse dire quel che pensava. Si chiese se avrebbe fatto
bene a confessarsi; ma gli parve che allora non sarebbe
stato pi� libero di s� stesso.
Siccome, nel campo, lo trovavano sempre a reggersi la
testa, con i gomiti su le ginocchia, Tordo gli chiese:
 Vi viene male?
 Non lo so n� meno io.
E invit� Tordo a sederglisi accanto: a Tordo gli vole-
va bene, e gli fece piacere a parlarci insieme. Poi, disse:
 L uomo non � mai contento!
 Specie quando siamo poveri.
 Da qui in avanti, non vorrei essere n� meno un si-
gnore. L uomo � sempre stato male, per quello che capi-
sco io, fino da Adamo.
E tir� un sassolino in mezzo al campo; dove era resta-
to a ingiallire un poco di granturchetto rado rado. Tor-
do sospir�, e Berto disse:
 Quando sar� morto, chi si ricorder� di me? Non ho
n� meno un figliolo.
 Sarebbe stato lo stesso  rispose Tordo.
 Ormai, mi posso dire vecchio; e non so quel che sia
il mondo. Da ragazzo, fino ai vent anni, sono stato con
tutta la famiglia alla Rosa. Poi, presi moglie e andai a sta-
re un miglio pi� in l�; al podere del Pillo. Quando mi
mandarono via, perch� non andavo d accordo con il fat-
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Letteratura italiana Einaudi
Federigo Tozzi - Il podere
tore giovane, venni a stare qui alla Casuccia. In tutto, ho
cambiato, dunque, tre poderi. Qualche viso nuovo, l ho
visto soltanto alle fiere; quando c era il bestiame da ven-
dere. Quando presi moglie, andai alla festa della Ma-
donna; che facevano a Buonconvento. E basta.
Si dette un pugno sopra il ginocchio; poi si mise il
cappello all incontrario. Tordo si cercava uno stecco,
che gli era entrato dentro una scarpa.
 Mi ricordo di avere sentito dire, dal nonno, che una
volta facevano grandi feste da per tutto; e, ora, invece, �
silenzio da per tutto. E non si sente dire pi� niente.
Qualche volta, vorrei entrare sotto terra; gi� in fondo,
pi� sotto dei lombrichi.
E chiuse gli occhi. Tordo non era del suo parere, ma
non s arrischiava a dirglielo; anche per amicizia.
 Vorrei sapere perch� sono venuto al mondo e che
cosa ci ho fatto! Non era lo stesso anche se non nascevo?
Lorenzo, che arava, pass� vicino a loro; per finire il
solco. Si sentiva la terra aprirsi e respirare le vacche:
qualche volta, lo scricchiol�o dell aratro. Lorenzo era al-
legro; e grid�:
 Oh�, fate i signori cost� all ombra del fico? Ora ven-
go anch io. Questa creta fa rompere il giogo alle vacche!
E siccome non gli risposero, egli volt�; cominciando
un altro solco e cantando:
Quando pigli marito, bella Gegia,
Quando la stoppa diverr� bambagia?
Quando l olivo far� la ciliegia?
La creta, sotto, era pi� scura perch� pi� fresca; e le
zolle rovesciate, dove erano state tagliate dal ferro del
vomere, lustravano.
Berto si mise il cappello nero su gli occhi, e disse:
 Non posso sentire n� meno uno che parla. E quello
l� ha voglia di cantare!
Si alz�, tirandosi su i calzoni, che gli escivano sempre
dalla cintola di cuoio; stette un minuto pensoso; e se
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Letteratura italiana Einaudi
Federigo Tozzi - Il podere
n and�, senza salutare Tordo, fino al fontone. Ebbe an-
che piacere che le anatre, vedendolo, scappassero.
Prese una zappa, perch� aveva da sotterrare le lattu-
ghe per farle imbiancare. Ma l attravent� lontano;
all uscio della capanna: si sentiva una gran forza, e strin-
geva i denti insieme come se vi si piegassero. La sua for-
za doveva servirgli a ben altro!
Bench� il Monte Amiata fosse pulito quanto il cielo,
con una nuvoletta in cima come ci fosse rimasta attacca-
ta e non potesse venir via, dalla parte del Chianti ton�.
C erano, l�, nuvole nere come si facesse notte; e le saette
sembravano lunghe righe di fuoco che si spezzavano.
Poi i toni rimbombarono vicini; ma da Siena in gi�, per
tutta la Val d Arbia, c era sole; e le case dei poderi bian-
cheggiavano. I pioppi della Tressa tentennavano pi� for-
te, e le loro foglie restavano rovesciate. La polvere vola-
va alta, con le pagliuzze e le festuche; e anche dalla parte
del Monte Amiata le nebbie si affoltarono. Ogni cosa
cambi� di colore, con una rapidit� istantanea; quasi pia-
cevole. Le ombre a un tratto affievolivano e a un tratto
rinforzavano; i prati ora erano pi� scuri e ora pi� chiari;
qualche volta con una tenerezza improvvisa ed esaltata,
qualche volta con un lividore che pareva dovesse doven-
tare nero.
Berto alz� gli occhi verso il temporale, e si sent� pieno
di cattiveria. Gli venne in mente d andare a trovare Giu-
lia; e colse, dalla pianta che gli era pi� vicina, tutte le al-
bicocche che pot� arrivare da terra; mettendosele in ta-
sca per portarle a lei. Evit� di parlare a Picci�lo e a
Moscino che, come quasi sempre, erano a lavorare insie-
me. �Pareva, raccont� Picci�lo alla moglie, che qualcu-
no gli avesse fatto un torto!�. E a Moscino disse:
 O che avr� quell uomo?
E Moscino rispose:
 Peggio per lui, se non parla!
Berto prese l ombrello, ma il temporale gir� da un al-
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tra parte; e restarono, sopra Siena, certi nuvoloni bian-
chi come il latte.
Giulia era con Fosca: e lo videro dalla finestra. Giulia
disse, andando ad aprirgli:
 Mi deve portare qualche notizia nuova!
Ma pareva, invece, che Berto aspettasse qualche cosa
da loro: le guardava sorridendo e con gli occhi allegri.
Giulia, allora, disse:
 Il processo mi va bene!
 Si vede anche dalla sua faccia; perch� ora sta meglio.
 Oh, prima che io mi rimetta! E, poi, non m importa!
Fosca aggiunse:
 Bisognerebbe che guarissi del mio cuore!
Giulia la guard� e disse:
 Povera zia! Se non avessi avuto lei!
Ad un tratto, un mucchio di cenci che era in mezzo al
letto cominci� a muoversi e ad aprirsi: una bambina,
piangendo, alz� la testa e guard� fisso chi c era nella stan-
za. Fosca corse al letto, e cav� di tra i cenci la sua figliuola
pi� piccola: aveva le mani e i piedi fasciati, con la tuber-
colosi alle ossa; un visuccio come la cera strutta, gli occhi
neri, d una lucentezza che pareva aumentare sempre.
 Povera Jolanda! Non dormi pi�? Vuoi andare dal
tuo fratello, che ti terr�?
Allora, s apr� una porta; ed entr� un giovanotto, spor-
co, magro, con due grossi occhiali cerchiati di ferro: sta-
va nell altra stanza a leggere un romanzo, con il tavolino
al davanzale della finestra. Il suo collo, addirittura livido
e deforme, sembrava una gonfiezza di muscoli flosci e
noccioluti. Anche le tempie erano incavate come le
guance, e la testa rasata era sparsa di cicatrici bianche;
per tutti i versi. Toss� e disse:
 Dammela: le insegno a leggere.
La prese, e richiuse l uscio.
Fosca s era fatta anche gobba, bench� fosse abbastan-
za giovane. Ai polsi ci aveva due soprossi, che non rie-
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sciva a nascondere n� meno tirando gi� le maniche fino
a strapparle.
Nella stanza c erano un canterano con il marmo di
due pezzi; e, sopra, un vassoio di frutta finte, di gesso
colorato.
Berto le accenn� con un dito, e disse:
 Paiono vere!
 Quando le comprai, s�! Ora, sono sciupate dalla
polvere.
 Guardi un po queste qui se le piacciono pi� di
quelle! [ Pobierz całość w formacie PDF ]




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